Esiste un futuro per i giovani italiani?

sabato 21 gennaio 2012

Il grande sogno italiano



C’e’ un gran sogno. Un sogno che dura da 150 anni. Un sogno chiamato Italia.
Oggi, dopo tanto trascorso, molte persone questo sogno lo rincorrono ancora. Sono sognatori romantici, amanti della patria e fiduciosi che, traghettati dal miglior Caronte dei tempi moderni come marinai speranzosi desiderano di arrivare alla terra tanto anelata.
In fondo la storia lo insegna, siamo popolo di navigatori. Non vogliamo andare lontano allo scoprimento di territori inviolati ma genuinamente viaggiare virtualmente per tutte le nostre regioni, e città e una volta attraversate poter dire che alla fine siamo un unico grande Paese.
Purtroppo non è così. Non ci divide solo la distanza da una città ad un'altra. Ci dividono usanze, tradizioni, dialetti e diverse condizioni sociali. Nell’era delle e-mail, nell’era dei social network dove la distanza non esiste più a volte a dividerci dal nostro vicino è un semplice preconcetto.
Chissà cosa pensava Cavour il lontano 17 marzo ‘61, quando fu siglata la legge che proclamava l’esistere del Regno d’Italia. In quel periodo la situazione non era sfornita di problemi: le aree industrializzate si andavano a scontrare con realtà del mondo rurale. Problemi come l’analfabetismo, la povertà, il bisogno di leggi uniformate ed una moneta unica. Il problema del lavoro.
Il lavoro. E’ trascorso oltre un secolo da quel giorno e oggi il lavoro nel nostro bel Paese è uno dei problemi più ragguardevoli. Da nord a sud senza confini.
La nostra Costituzione, bramata molto e ancora oggi sempre presa in discussione nei più accesi dibattiti, nel suo articolo 1 sancisce che la nostra democrazia è fondata sul lavoro. Il lavoro è un diritto di tutti. Tuttavia non lo è.
Quale volto ha il lavoro oggi nel nostro paese? Ho cercato di immaginarlo e di analizzarlo. L’ ho comparato ad un bel diamante con le sue molteplici sfaccettature. Alcune si mostrano levigate e lucenti: sono le persone che hanno un bel lavoro, magari il mestiere che sognavano da bambini all’interno di quel sogno chiamato Italia.
Ruotando questo diamante ecco comparire facce più scabre e meno brillanti: il precariato italiano con il suo continuo affacciarsi al mondo degli ammortizzatori sociali e del sopravvivere alla giornata.
Osservando però meglio questo diamante, magari con un microscopio, si nota un particolare. Un particolare comune a tutte le sfaccettature. Dei puntini neri. Guardiamoli meglio questi punti neri: al microscopio n’escono dei bei punti interrogativi. Tanti dubbi e domande.
Ecco oggi il volto del lavoro. Indipendentemente dal nostro lavoro, se ci piaccia o non tutti hanno a che fare con insicurezze, dubbi e poca stabilità. Senza volerlo purtroppo siamo schiavi e carnefici di questo sistema chiamato ‘mondo del lavoro ’ e di certo non appartiene a noi quel potere tale da cambiarne per sempre le sorti, però un potere lo abbiamo. Il potere della lotta e della resistenza.
Un modello di resistenza continua lo abbiamo con il dovere di denuncia per spezzare quel circuito perverso tra economia e malaffare, tra finanza e traffici illeciti. Non risolveremo mai il problema dello sfruttamento sociale né l’espandersi del precariato fino a che non arriveremo ad avere un’etica del lavoro e dell’impresa corretta che deve spingere ognuno di noi a fare il proprio dovere come cittadini rilanciando l’iniziativa a tutti i livelli di mobilitazione delle coscienze, d’educazione civica e culturale, d’apprendimento permanente per diffondere la legalità e la sicurezza come beni primari e diritti fondamentali della persona, dove rimane fondamentale in ogni caso il ruolo della scuola come simbolo di presidio democratico e di formazione sul territorio.
Abbiamo un’enorme ricchezza: siamo Italiani. Abbiamo un territorio e delle ricchezze senza uguali. Usiamole. Siamo un popolo ingegnoso. Usiamo l’ingegno. Sì molte volte la burocrazia ricorda il tempo di Cavour ma molta strada e numerose lotte sono state fatte. Continuiamo su questa strada. Il lavoro è un nostro diritto: Difendiamolo!

Luca Strano 

martedì 10 gennaio 2012

Il pensiero del neolaureato: lo Psicologo Clinico



 Simone, 26 anni,  Psicologo Clinico neolaureato e neoabilitato alla professione
che si sta inserendo nel mondo del lavoro e parallelamente frequenta una
Scuola di Specializzazione in Psicoterapia

Pensa ogni tanto a cosa vuol dire essere italiano e/o appartenere ad un Paese come l’Italia?
E' una cosa a cui penso spesso soprattutto in questi ultimi mesi, in cui sto imparando a conoscere DAVVERO come funziona il mio paese, cosa offre ai propri cittadini e che cosa gli chiede in cambio. Voglio dire, non lo capisci fino a quando non inizi a lavorare, a produrre ricchezza attraverso la mano d'opera per creare qualcosa che serve a tutti, oppure finché non inizi ad offrire un servizio specialistico ai tuoi concittadini. Non capisci cosa vuol dire essere cittadino italiano fino a quando non cominci a pagare le imposte allo stato, il quale ti ricompenserà con qualche forma assistenziale o con qualche servizio pubblicamente gestito. Non lo capisci di certo fino a quando non versi i contributi alla Previdenza Sociale per pagare la pensione dei nostri nonni, dei nostri zii e dei nostri genitori, e ti rendi conto di chissà quando ci arriverai tu. Questo si riflette in una maturata esigenza, che sorge a questo punto prepotente e fondamentale, di essere rappresentato da qualcuno in parlamento che faccia l'interesse della gente onesta, che non sia tutto “chiacchiere e distintivo”. Ecco, fino ad allora credo che un individuo, per quanto politicamente e socialmente impegnato, non possa sentirsi DAVVERO italiano. In fin dei conti, diventare parte di qualcosa (qualsiasi cosa) richiede tempo. Ad oggi essere italiano  mi fa tanto venire in mente un vecchio film di Renato Pozzetto, che si chiama “Un povero ricco”. L'Italia è la sesta economia mondiale, ma nonostante questo vive minacciata dal default tecnico; siamo cittadini che, mediamente, conducono una vita confortevole ma allo stesso tempo fanno fatica ad arrivare a fine mese. Non abbiamo i soldi per mettere benzina nella macchina, ma d'estate andiamo in vacanza all'estero. Siamo ricchi ma poveri. Questo sono gli italiani: dei poveri ricchi!

Che cosa ritiene identifichi l’essere italiano, l’appartenere ad un Paese come l’Italia?
Gli italiani hanno un gran potenziale: sono persone capaci, dall'ingegno multiforme, dal gusto sopraffino, dal romanticismo appassionato, dalla cultura profonda, persone di grandi doti sportive, dalla spiritualità devota, ma anche delinquenti ben organizzati. E infatti storicamente hanno eccelso enormemente in ciascuno di questi campi. Gli italiani sono geniali! Credo che tutto questo ci venga riconosciuto dal resto del mondo, nel bene e nel male percepito in maniera sottile ed apprezzato, invidiato e anche comprensibilmente disprezzato. In fin dei conti l'italiano incarna discretamente l'essere-umano-tipo, pregno di tutto il suo valore e di tutta la sua ombra. Essere italiano è Essere Umano.

Ci sono aspetti del nostro Paese che La rendono orgoglioso di appartenervi?
Non sono incline a campanilismi nazional - popolari... Anzi, gli stereotipi (come tutte le etichette che appiccichiamo alla gente per semplificarci la vita) mi danno fastidio. Diciamo che sono orgoglioso di essere italiano nella misura in cui sono orgoglioso di essere europeo, nella misura in cui sono orgoglioso di essere terrestre, nella misura in cui sono orgoglioso di appartenere a questa galassia e, in ultima istanza (forse), nella misura in cui sono orgoglioso di essere una creatura di questo universo. Non mi piace dividere, ma riunire. Sfortunatamente questo è un prodotto del pensiero razionale (con la sua astrazione) che implica la divisione per comprendere il tutto. E' una contraddizione ontologicamente irrisolvibile per noi occidentali, che genera separazione, quindi conflitto. Essere italiano è una necessità (nemmeno così tanto scontata) e non una virtù. Perché dovrebbe esserlo? Perché così ci sia un Altro contro cui misurarsi? No grazie.

Quali aspetti dell’Italia La deludono o La fanno arrabbiare?
Mi fanno arrabbiare due cose: la prima è la classe politica, figlia (di puttana) dei privilegi della casta di cui ultimamente si sente tanto parlare ma che esistono dall'Impero Romano; la seconda sono i cittadini che non reagiscono, che non lottano, che non si ribellano. Proprio come nell'Impero Romano. A me non piace la violenza, ma la vita è lotta (come secondo la concezione Induista e Buddhista – Zen) e noi italiani proprio non sappiamo lottare, non sappiamo “danzare” al ritmo di Shiva. Credo sia per questo che, storicamente, le dittature siano state così popolari entro i nostri confini nazionali. Vorrei vedere la gente reagire, mettere da parte i propri beni materiali faticosamente accumulati nel corso di generazioni e scendere nelle piazze, con grande impeto. Quanto basta. Quanto necessario.

In che modo viene considerata la sua occupazione nel nostro Paese?
In maniera senz'altro ambivalente. Se da parte del settore pubblico infatti vi è uno scarso investimento di risorse che finanzino progetti rivolti alla salute mentale ed al benessere psico – sociale in generale, e si assiste ad una scelta di comodo (votata al risparmio) da parte degli enti sanitari per quanto riguarda l'assunzione di personale qualificato in questo settore, si riscontra invece una domanda crescente da parte dei liberi cittadini che si rivolgono a psicologi e psicoterapeuti in forma privata. Al di là delle considerazioni pratiche su questo fenomeno, in questa sede è più opportuno che faccia una riflessione meno pragmatica: la gente, soprattutto quella che ha un reale bisogno di un aiuto specialistico, mantiene una crescente considerazione di questa professione, poiché considerata “nobile” in termini umani. Credo che questo sia legittimo, perché c'è davvero bisogno, a mio avviso, in una società cinica e utilitarista come è la nostra, di professionisti che si guadagnino da vivere aiutando il prossimo, amando l'essere umano nella sua diversità e che siano in grado di comprenderne le sue debolezze. Noto una grande insofferenza invece, per esempio, nei confronti di economisti e finanzieri (vissuti come sciacalli e speculatori), avvocati e giuristi (visti come parassiti e senza scrupoli), manager (avidi arrivisti pronti a tutto), dipendenti dell'amministrazione pubblica (lazzaroni e incivili), politici (ladri e bugiardi), ecc... Naturalmente questa è solo la percezione che ho di un senso comune strisciante e sulle bocche di tante persone con cui ho occasione di parlare, non necessariamente la mia opinione.

Ha qualche pronostico in mente sul futuro dell’Italia?
1 X 2
    
Ha qualche consiglio da dare al nostro Paese e/o alle persone che lo compongono?
Essere nati in un paese come l'Italia ci permette di avere accesso alla libera informazione e di avere una certa libertà di azione, cose per nulla scontate in altre zone del mondo. Quindi non siate pigri e attivatevi per cambiare le cose che non vi piacciono. Tutti devono raggiungere le risposte in modo libero, però non aspettate di capire il film quando avrete distrutto il cinema.
 

mercoledì 4 gennaio 2012

La mia terra

 
 
Sono nato in una Terra
generosa e fiera
che ha il Tricolore per bandiera.
Terra mitica dalla forma di stivale
dotato di sperone,
nazione privilegiata dell’Europa
per la sua strategica posizione.
Dalla sua finestra s’affaccia
sul Mediterraneo mare
e la sua gente è inventiva,
laboriosa e sa farsi amare.
Penisola solatia
dal clima temperato
dove il cibo è genuino,
salutare e prelibato.
Si chiama Italia
la mia Terra antica
che ha scritto pagine
ineguagliabili di storia
scacciando lo straniero
e s’è coperta di gloria
conquistando il mondo
col suo Romano Impero.
Questa è la mia Terra
che ho lasciato con dolore
e che porterò sempre
nel mio esule cuore.