AlessandroPedretta Kresta, 37 anni. Schiavo delle piramidi e scrittore suicida.
Tu
sei la mente che si trova all’origine della fanzine Negazioni, giunta ora
al suo secondo numero, ma prima di parlare di questo vorrei rompere il ghiaccio
con una domanda semi-personale. Recentemente hai pubblicato un libro di poesie,
questanonèpoesia, ti andrebbe di raccontarcelo, ma, soprattutto di
spiegarci il perché di un titolo apparentemente così contraddittorio?
Il
titolo nasce per poter dissacrare la poesia come antico veicolo per trasmettere
emozioni-fotocopia, la poesia che imperversa in rete o in librettucoli che ci
propinano la solita lezioncina su amore, sofferenza, fuori piove e mi sento
tanto male. Questanonèpoesia anche perché in questo modo non dissacro solo la
poesia che sta altrove ma dissacro e sbeffeggio soprattutto la mia, potenziandola,
in questo modo, con quel messaggio che
spero sia il più irriverente possibile. Ma non è solo questo. È anche altro: questanonèpoesia
perché vuole uscire da quel sentiero solcato da una miriade di soggetti
prostrati a una cultura di massa, una specie di cancro di questa società
moderna, dove poesia è ogni cosa, dove arte è ogni cosa, una macchia su un
foglio, un presentatore che sorride con la sua dentatura equina in tv, uno
stronzo in scatola, la pipa che non è una pipa. È un libro dove i miei umori
prendono corpo. Ma poi è così stancante parlare di poesia. Si dovrebbe
leggerla, non parlarne. Si dovrebbe viverla.
All’interno
del tuo percorso personale come si inserisce Negazioni?
Mi
sono sempre piaciute le fanzine autoprodotte di controcultura, anarchiche o di
musica hardcore che giravano soprattutto negli anni 80/90 e mi è venuta la
stramba idea di proporne una che attaccasse la cultura con un altro tipo,
appunto, di cultura – la cosiddetta “sottocultura”. La cultura di certi
scrittori underground, di certa musica perlopiù ai bordi, di giovani poeti emergenti
o semplici narratori di esperienze accomunati dalla voglia di dire, urlare le
proprie sensazioni ma relegati soltanto in piccoli siti web, o su facebook dove
ho conosciuto il gruppo col quale produciamo questo virus di letteratura e arte
dissacrante.
Com’è
nato questo progetto editoriale e quali sono i suoi obiettivi?
È
nato, come ho detto, incontrando altri ragazzi dalla stessa indole controculturale,
poi aggregatici in un gruppo facebook.
Come ogni cosa anche facebook non è solo alcove di cazzate, di idolatria delle
frasi ad effetto a aforismi di scrittori morti anni fa. Ogni sistema lo si può
capovolgere e usarlo per propri interessi. Si sceglie e ci si sceglie. Inizialmente
l’idea era di produrre una fanzine anche cartacea e distribuirla in posti mirati
in giro per l’italia dato che la nostra miserevole e dannata squadra di
organizzatori si sviluppa in tutta la penisola. Andreas Finottis dal nord est,
Mauro Bellicini Brescia, io e Giuseppe Baldassarra di Varese, Ty Elle da
Firenze e lo scrittore profano Giovanni Favazza da Catania, ma per adesso ci
accontentiamo di divulgarla solo via web. L’obiettivo penso sia di diffondere la fanzine a più persone
possibili e creare sinergie sempre più vaste con nuovi autori, artisti di
nicchia che trovano difficoltà nel proporre le proprie cose. Ve lo assicuro, ci
sono tanti giovani che sanno dire o presentare la propria arte meglio di
qualsiasi noto e riciclato personaggio di fama.
Che
cosa distingue, secondo te, Negazioni dalle altre fanzine che vengono
divulgate via web?
La
nostra fanzine è basata soprattutto da scritti di giovani e esordienti o
comunque poco conosciuti autori. Vuole essere dissacrante ma non cedere
nell’emulazione dello scritto “maledetto” che manda affanculo comunque e
chiunque catalogandosi in questo modo in un certo target. Noi non vogliamo dare
punti fermi, non vogliamo entrare in una categoria, noi, come dice il nome
della fanzine, neghiamo anche noi stessi, e neghiamo la stessa negazione. Siamo
la negazione al quadrato.
Quali
sono le tue aspettative – e in generale quelle delle persone che scrivono su Negazioni – rispetto
alla realizzazione di una fanzine simile?
Le
aspettative penso siano semplicemente di proporre qualcosa di diverso, che
rompa gli schemi ma che non rientri in nessuna corrente preconfezionata.
Vogliamo essere molesti ma non stupidi, vogliamo essere stupidi ma non
illogici, vogliamo essere illogici e anche colti, completamente idioti e i re
dei saggi. Tutto e niente. Non ci sono linee progettuali. Siamo una zona
temporaneamente autonoma che muta, si trasforma, non ha un nome, sputa sul nome.
Quali
sono i tuoi propositi per il futuro di Negazioni?
Renderla
una rivista con spunti sempre diversi, a 360°, con spazi più ampi riguardo a
musica relegata in piccoli spazi, arte autoprodotta, far conoscere luoghi dove
incontrarsi e divulgare un diverso modo di pensare l’arte, il fare, una lotta
contro le direttive mediatiche che ci dicono: questo è bello e buono, questo
no.
Questo
e altro. Negazioni deve essere una creatura con vita propria, che si fa
trascinare dagli istinti, dalle piccole manomissioni a un coacervo di nozioni
impartite da un certo potere anche culturale che ci sovrasta.
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