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sabato 5 marzo 2011

Donnie Darko, un film sull'eros?

Cosa c’entra riguardo l’eros un film che parla di psicopatologia, di fantascienza e di morte?
Indubbiamente questo è un film poliedrico, suscettibile di molte letture diverse: dal punto di vista più fantascientifico basato sulla teoria del wormhole, dal punto di vista della psicosi, dal punto di vista di distruzione e ricostituzione della morale, un’interpretazione secolarizzata del sacrificio profetico, il ruolo della domanda e un grande invito alla curiosità ecc... Che c’entra l’eros, forse che si tratti di un film spinto? No, ma lasciamo che parli il film, senza che le voci grosse nella sala ne disturbino la riproduzione.
Si parla innanzitutto di distruzione del mondo, con tanto di countdawn scandito a ritmo angosciante; il mondo si distrugge? Perché la scena non è apocalittica? Perché distruzione? Quale mondo? Le risposte non si trovano esplicitate nel film, ma proprio nell’ultima scena vediamo come molti termini ed elementi cruciali subiscano un ribaltamento tutt’altro che burlesco: ogni cosa si rivela per quella che è (principio di senso) dopo essere tramontata tragicamente. Il maestro di vita che sembrava così in possesso della verità si mette a piangere, la reietta della scuola finalmente sorride soddisfatta di sé, chi sembrava così certo del proprio passato e del proprio futuro si vede di fronte la sua vita ancora da costruire, probabilmente traumatizzati da ciò che è appena avvenuto in modo tale da far sì che non accada (paradosso temporale: “volere il proprio destino a ritroso, poter essere il proprio destino” sono tematiche del lungometraggio stesso), recandone ancora le tracce, come si può evincere da Frank che si massaggia l’occhio guardando la maschera da coniglio gigante da lui costruita. In che modo è stato possibile questo ribaltamento? Il mondo doveva finire per ricominciare: Ragnarokk, il crepuscolo degli dei nordici che prelude il ritorno ciclico del mondo; quegli stessi dei così sicuri sui loro troni, esercitanti il loro dominio e prevaricazione (Si vedano la figura del preside, del maestro di vita, della prof di ginnastica…) si trovano di fronte alle loro ferite, alle loro mancanze, alla loro tangenza con il nulla, con la loro morte, con il vuoto della loro vita, ormai scossa, cadono feriti mortalmente. Ma chi li ha scossi? Chi ha violato la loro integrità? Coloro che non permettono di rimanere congelati in ruoli eteronomici, costretti a dire e fare cose che il loro cuore rifiuta, le cui fiamme diventano vampate di curiosità, di ricerca fuori di ciò che è semplicemente comodo o acquietante; tutto questo disturba, infrange, scheggia, distrugge o minaccia di sovvertire un ordine consolidato nella propria sfera vergine. La professoressa di letteratura fa leggere ai propri studenti un racconto di Greene Graham in cui dei ragazzi allagano la scuola, segno di distruzione come liberazione, di curiosità, di vita e per questo viene scacciata dalla scuola come monito; idem per il professore di scienze che tace per non essere cacciato proponendo teorie “non convenzionali”; lo stesso Donnie accelera la combustione di queste strutture impersonali rivelandone il senso, ponendole di fronte quindi alla loro vuotezza, costringendole a passare dalla quiete inerme alla lotta con il loro nulla. La loro esistenza è in pericolo. Galimberti, in “Le cose d’amore” afferma che l’amore (Eros) è sempre contro ciò che esiste, ma andiamo per gradi, manca un passaggio: Dove si ha l’infrazione dell’ipseità, la violenza nella propria sfera "esistenza autonoma", dove l’Io ripropone se stesso e la propria sfera di dominio? Dove l’Io, l’esistente, il dio viene meno? Dove può fare esperienza fuori da sé? Nell’estasi, in particolare nella morte (dove l’Io si dissolve, si decompone) e similmente nell’erotica (dove l’io si fonde col tu, si scontra violentemente e solo apparentemente senza conflitto). Distruzione e costruzione, morte e vita, Thanatos ed Eros, come direbbero Freud o Bataille sono due aspetti dello stesso fenomeno, due tabù, due principi il cui fondo, la vita, è comune. L’eros violenza alla struttura che tenta di rimanere in piedi, all’io che vuole permanere se stesso, è stupro e violenza, è ferita di un altro che mi contagia e che io ferisco a mia volta, che distrugge il mio mondo e si lascia distruggere, è apertura che non si risparmia abrasioni. Il mio mondo si distrugge perché il tu è entrato, vedo la mia ferita, il vuoto che mi circonda e si accalca proprio dove l’altro compare: non sono più solo, non sono più dio, ma non sono neppure bestia, poiché il tu stesso è modellato all’immagine che mi posso fabbricare secondo il mio destino, secondo le mie capacità di modellare la materia modello questo tu per un contagio reciproco, per una conflagrazione cosmica che rompa ogni utile e gerarchia.
La fine del mondo che coincide con l’inizio di un nuovo mondo, in cui ogni maschera si è rivoltata mostrando un volto già scorto nelle pieghe del trucco, rende i ruoli personali futili e quindi spazzati via violentemente. Nell’orgia caotica dove il mondo si ferma e si continua a frammentare nel tempo come nello spazio dei corpi tutti diventano la stessa carne, uomini e dei, tutti si feriscono a vicenda creando aperture; fine delle gerarchie: tutti piangono e ridono, la solitudine ha trovato il suo vuoto e non ha più spazio.
Così si conclude l’erotica di Donnie Darko: la comunione del dolore più profondo e del sacrificio (comuni denominatori tra Eros e Thanatos) si esprime nelle mani aperte di due estranei, comunione possibile solo a partire da quel caos obliato nelle pieghe della vita ordinaria.
Pianto sguardo mani.

Nyarlathotep

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