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sabato 5 marzo 2011

Alcuni elementi per un'accezione di corporeo nel Cyberpunk

La degenerazione, la trasmissione di questa e il suo proliferare sono il centro di molta della produzione di Cronenberg e in generale di ogni autore che tratta il genere Cyberpunk e ne descrivono l'effetto di diffusione della stessa fama del regista. In altre parole lo stesso genio visionario diffonde il proprio genere come un virus che prolifera nel mondo mediatico.

Per quanto concerne l'idea di cambiamento qui operata non si può parlare propriamente di metamorfosi, non si tratta di un cambiamento tout court, quale la crisalide in farfalla. Questo termine, nella sua storia ha un che di positivo riguardo la forma; anche nella più angusta sorte (si pensi al Samsa di Kafka o alla Dafne di Ovidio) la mutazione avviene da una forma all'altra in maniera completa e perfetta[1] anche se in rapporto eterogeneo con i simili. Nella degenerazione la forma rimane informe[2], muta senza una costituzione precedente bensì si costruisce come alterità, ibrido, alieno o deformità; si dà forma in guisa  di vita nuova e nuova carne, è l'emergenza della vita sotto una diversa configurazione. La nuova vita – la nuova forma generata dalla precedente morte, dal precedente eccesso- necessariamente, per essere una degenerazione propria del cyberpunk non basta essere intesa come singolarità mostruosa[3], non basta il darsi di una mutazione, serve inoltre che la deformazione continui nello spazio, nel tempo, che sia proliferante anche solo potenzialmente. Anzi, credo che si possa intuire dalla visione di Cronenberg, Romero, Tsukamoto e per l'intero filo rosso che li collega, la contaminazione esponenziale si può dare anche come semplice virtualità. La degenerazione deve comporsi in maniera essenziale con la proliferazione, non è sufficiente la mera metamorfosi per caratterizzare la quello che avviene in questa categoria estetica postmoderna.

In secondo luogo non si può parlare di semplice trasmissione, né nel senso comune di tradizione, ovvero di passaggio da un luogo all'altro, né quello che in gergo medico si denota come infezione. La neutralità di uno scambio è data solo nell'apparenza, basti anche solo pensare allo scambio metabolico: l'omeostasi di un individuo collabora sempre con la propria transistasi permettendo all'individuo biologico un incremento e un decremento di parti che tuttavia non inficiano nella pemanenza formale, solo di una modificazione che in filosofia classica viene connessa alla causalità materiale; la forma rimane le parti in più vengono rigettate e quelle che deficitano di qualche bisogno vengono saziate o rimpiazzate. Tuttavia, senza entrare in nuovi paradossi quale quello della barca che viene volta a volta rimpiazzata da pezzi nuovi fino a che non si sa quale delle due barche (la seconda costruita con i pezzi tolti dalla prima) è la barca assicurata[4], si deve ricordare che stiamo vedendo questo concetto come labirintico, in cui lo stesso Bataille aveva rifiutato in parte il concetto di individuo come essenza a se stante per introdurre una forma eterologica dell'uomo e dell'ente in generale. Il divenire-altro dell'escrezioni e il divenire-sé del nutrimento ledono il principio di unificazione del singolo all'interno di una forma fissa, la forma del singolo, estraneo ad un sistema che lo funzionalizzi omologandolo[5], è una forma-informe che produce alterazioni di sé e che informa ciò che viene a contatto con lui, se non altro attraverso quella che chiamiamo “ferita”; la comunicazione è una mutazione, non un semplice passaggio di informazioni. Si può anche leggere questo in chiave di apporti energetici, come lo stesso Bataille non manca di sottolineare[6]. Ciò che comunica trasmette una parte di energia in più[7], un proprio effluvio, una sua degenerazione, che a sua volta diventerà eccesso, energia in sovrappiù da parte di chi riceve la comunicazione, deformata. Stando anche al feedback, la reazione a seguito di ogni azione, ciò che si registra è la modificazione reciproca dei comunicanti, una comune apertura gli uni degli altri a diventare diverso, a ricevere e a dare, a divenire e trasferire l'immagine dell'altro e di sé all'altro. Nella trasmissione cibernetica non vi si trova un banale scambio di informazioni ma una trasformazione del ricevente il messaggio, il carattere labirintico che ne consegue cresce esponenzialmente quando il contenuto del messaggio è la trasmissione stessa del messaggio[8]. La proliferazione non è propria del cyberpunk se essa non ne veicola il carattere degenerativo alla base.

Si veda anche, per un approfondimento, il concetto benjaminiano di perdita dell'aura nel lavoro sul Kafka di Walter Benjamin nell'opera di Gabriele  Scaramuzza “Deformazioni incrociate”: nell'atto stesso di citare la deformazione la citazione medesima assume senso come unico modo possibile di “tenere in vita”. L'ipostatizzazione dell'originale, la sua integrità auratica, è dissociazione dall'intento comunicativo, è volontà di essere un tutto al di fuori, fumosità del trascendente alla Deleuze.

Chiariti i termini è ora possibile indagare alcune parole chiave della cultura cyberpunk (Riferite in particolare alla cinematografia di Cronenberg), che “casualmente” sono termini già incontrati nel pensiero di Bataille. L'eccesso, inteso come esperienza del limite fino al raggiungimento attuale del culmine umano[9]. L'eccesso nel cyberpunk viene ad identificarsi da principio con l'inorganico cui tende l'organico come un conato, infatti la fusione dell'inorganico si orienta -nel filo rosso preso in questione- all'interno di un linguaggio metaforicamente erotico. Non si può parlare di erotismo senza che ci sia un'apertura, ovvero una “ferita” o peggio “un'amputazione”, come dice anche McLuhan ne “gli strumenti del comunicare”; La fusione tra uomo e macchina avviene solo se s'incorre nell'amputazione delle terminazioni organiche, se ci si scontra con l'eccesso con l'inorganico, il quale ha bisogno, per connettersi di un'apertura dell'organismo all'inorganico, al macchinale. La fusione o la metamorfosi rientra a pieno titolo nella legislazione dell'incidente o nella violenza[10] (in un modo o nell'altro). La ferita sarà il segno distintivo dell'evento d' ibridazione uomo macchina nel contesto dell'incidente.
La sinestesia non è da sottovalutare come mera figura retorica. Essa è peculiare del rapporto tecnologico tra organico e inorganico, il cortocircuito della fruizione estetica passa proprio tramite quest'aspetto. Si è visto nella breve storia del brutto[11] la necessità della distanza affinché la fruizione estetica si concluda in una catarsi, fino all'estetica del novecento ove i parametri cambiano. Il gusto, il tatto e l'odorato - lo stesso Hegel[12] spiega - comportano una degenerazione in luogo del consumo dell'oggetto stesso, mentre la contemplazione audiovisiva permette di “giocare con la cornice”. Il tatto scombussola tutto, manda in corto circuito questo schema di fruizione estetica in quanto presuppone un coinvolgimento eccessivo ed una modificazione reciproca tra fruitore e fruito; la sinestesia si manifesta, all'eccesso quale pure il modus essendo proliferante -labirintico- , assurge a valvola d'immedesimazione del fruitore all'interno della fruizione stessa, senza più gioco interno-esterno, ma solo ed esclusivamente all'interno del mondo simbolico cui entra a far parte.
Proprio come diceva McLuhan infatti la televisione – evento mediatico che sia cronenberg che gli altri autori che vedremo prendono in seria considerazione – non coinvolge solo la vista e l'udito ma tutti i sensi, l'individuo è sì isolato come afferma Debord, ma ad un tempo è coinvolto totalmente all'interno del mondo di cui è spettatore attivo[13]; in questo senso il medium televisivo funge da ibrido tra l'icona e il simbolo.
L'esito della sinestesia è il soggetto ibrido. Cos'è ibrido? Ricordando la dialettica delle forme e la composizione degli esseri[14], si può dire che ogni ente concreto sia essenzialmente ibrido; non si da mai un'inseità totale che nella divinità, mentre ogni essere materiale (concreto), nella comunicazione[15] è sempre mischiato al contiguo, la sua essenza come non informe è un'astrazione come il volto dell'americano medio rispetto le altre 400 foto[16]. Ma c'é di più: ibrido non è solo essere contaminato, ma il più contaminato di tutti (o almeno il più contagiato rispetto a  altri) all'interno di un insieme di individui isomorfi, ovvero è l'emergenza, il mostruoso. Lo shockante dell'apparire di un eccesso di contaminazione/degenerazione, ovvero, ricalcando una delle immagini tipiche di George Romero, quando il morbo ha preso così tanto piede da produrre una nuova non-vita/non-morte. Il limite del quantitativo permesso viene trasgredito e trapassa in una differenza qualitativa. Cosa succede quando l'ibrido si manifesta? Nel cyberpunk, nell'horror e in ogni genere che ne tratta segna il momento in cui i due piani vengono cortocircuitati e nasce la problematizzazione[17] sia dell'altro che dell'ambiente che si pensa sotto il proprio controllo, tanto più che è un cliché della suspance la comparsa dell'ibrido proprio nel “campo di resistenza” degli “umani” all'interno dei film horror. Proprio all'interno dell'ibrido si attua un puro divenire dei due mondi antagonisti e opposti:vivo-morto, organico-inorganico, reale-virtuale in cui i due aspetti si confondono e mischiano   senza un senso progettato, un acefala sintesi in cui il coltello e la ferita si coimplicano[18].

Risposta:l'ibrido rivela un'apertura all'interno dell'astratta quanto fantomatica integralità di classe, l'aura ha già iniziato a emanare il fetore della propria decomposizione.

Nyarlathotep
 

[1]Un'eventuale segno distintivo non ne inficia la completezza ma rimane come “punctum” rivelatore di una zona morta, di un passato logico che ne giustifica ma ad un tempo problematizza lo stato attuale.
[2]Proprio nel senso batalleiano del termine “informe” delineato in Documents
[3]Mostro: dal latino monstrum, in greco φαινόμενον. Il mostro è ciò che si mostra, che emerge ed è caratterizzato dall'apparire. Il manifestarsi di una diversità dati determinati parametri è ciò che si definisce come “mostruoso”.
[4]“il libro dei paradossi” ….........................
[5]Che lo faccia diventare Organo, ovvero “strumento”, secondo la terminologia di Cronenberg in Videodrome,
[6]Il labirinto???
[7]Forma escrementizia che è pure l'arte, lo scarabocchiare è già un rovinare ed infangare tramite un sovrappiù di sé tramite l'altro ormai fagocitato.
[8]Cosa che risulta lapalissiana in Videodrome.
[9]Qui il corpo si pone come centro auratico prima dell'eccesso e luogo dell'autocontrollo naturale del singolo.
[10]Cfr. A. Caronia, Virtuale, Milano, Mimesis, 2010
[11]Cfr capitolo 1
[12]F. W: Hegel, Lezioni di estetica...
[13]Dal momento in cui ne viene a coscienza, come splicictato in Videodrome.
[14]Vd. Il Labirinto
[15]Comunicazione che è strutturalmente erotica per Bataille, cfr L'Anus Solaire.
[16]Cfr. Documents.
[17]Si pensi ad esempio alla messa in questione di che cosa sia umano nei film di George Romero.
[18]Cfr. La logica del senso. Cit.

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