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lunedì 4 luglio 2011

Carta Straccia: quando il male è sempre altrove


È estate e il diavolo che ho in corpo mi consiglia di leggere il nuovo libro di Giampaolo Pansa: Carta straccia, il potere inutile dei giornalisti italiani.
La tesi di fondo del giornalista è che la cricca di Repubblica, l’Espresso, Fabio Fazio, Serena Dandini, Santoro e via dicendo, rappresentano la vera macchina del fango, tutti tesi unicamente a voler demolire il Cavalier Berlusconi attraverso scorretti metodi giornalistici. Per questo sono mezzi di informazione e presentatori noiosi, inutili, ritti e impettiti su posizioni conformate: letto un numero, vista una puntata, le hai viste tutte. Pagina dopo pagina, Pansa tenta di distruggere il mito dell’aitante Travaglio e dei suoi prodi amici, accusandoli di aver creato e alimentato il clima d’odio in cui è sprofondata l’Italietta in cui viviamo. Cita esempi recenti, tirando le fila di un giornalismo malato, mai obiettivo e tremendamente banale.
Terminato il volume, provo a tirare le somme di quello che ho capito e mi trovo a concordare con lui. Ha ragione: il disgustoso modo in cui certa stampa getta letame contro Berlusconi, usando ogni minimo pretesto per macchiarne l’immagine, disgusta pure me. Trovo Repubblica un giornale mediocre, sempre uguale a se stesso, che imposta la notizia non come ricerca ma, partendo da un’opinione stabilita a priori (Berlusconi è cattivo), gli articolisti costruiscono il loro pezzo. Santoro è maestro del vittimismo, vive credendosi eroe della libertà contro fantomatiche dittature. E Fabio Fazio, la Dandini? Intervistano i soliti noti, tutti con le stesse idee radical-chic, tutti pronti a rassicurare il pubblico che li segue: “Noi siamo nel giusto! Gli altri sono trogloditi ignoranti” sembrano dirci in ogni puntata.
Ma – c’è sempre un ma se si vuole provare a giungere ad una verità - Pansa, si dimentica (volutamente?) di far le pulci alla parte opposta, alla Destra, a quelli che la Sinistra considera il male. Lo scrittore critica l’ingresso in politica di Santoro, della siliconata Lilli Gruber (entrambi europarlamentari a metà anni 2000) e di Marrazzo, ritenendoli a ragione poco esperti della cosa pubblica per affrontare questo ruolo. Stranamente non cita la Carfagna, la Gabriella Carlucci, Iva Zanicchi…  Tre esempi di showgirl salite con forza sul carro del Pdl. Che esperienza può offrire la Iva nazionale nel parlamento europeo? Che cultura politica possiede?
Pansa attua, nel suo libro interessante, soprattutto quando divaga raccontando un passato giornalistico a cui noi nativi digitali non siamo avvezzi, la strategia che tanto critica: il pensiero unilaterale. Nelle sue scorrevoli quattrocento pagine gli sfugge di criticare il Metodo Boffo, definendolo quasi un giusto esercizio di difesa contro “i sultani rossi”, o i rozzi titoli dei suoi cari amici Feltri e Belpietro (uno tra tutti Lasciatelo lì! riferendosi alla salma di Vittorio Arrigoni).
Pansa usa la penna per smontare l’avversario, tanto quando fanno i giornalisti di Repubblica. Non volge mai lo sguardo verso di sé, verso Libero per il quale scrive. “È l’Altro il cattivo, è l’Altro il male” pare urlare dalle fitte e ciniche righe della sua scrittura.
Come si può pensare di uscire da questa situazione di impasse in cui l’Italia è sprofondata, se si disapprova il comportamento di una sola parte, e non dell’altra? Il male è il male. Sempre. Il buon giornalismo, invece, dovrebbe nascere dal dubbio, dalla sola certezza di sapere che non si sa nulla e, per questo, si cerca la verità insieme al lettore.  
Il libro di Pansa non porta niente di nuovo lungo i litorali italiani e si qualifica come un’occasione persa per il giornalista che, dall’alto della sua cinquantennale esperienza, avrebbe potuto davvero offrirci una lezione di etica giornalistica.

Marco Stizioli

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